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Senza dubbio, Vivian Maier può essere considerata una delle prime poetesse della contemporanea fotografia a colori.
Joel Meyerowitz
In un’epoca in cui il colore in fotografia veniva visto con diffidenza, utilizzarlo era coraggioso: Vivian Maier, la cui fama arrivò solo dopo la morte e per caso, conferma ancora una volta il suo alto grado di professionalità e sperimentalismo. I testi di Meyerowitz e Westerbeck analizzano la natura di questi lavori comparandoli a quelli in bianco e nero e alle immagini di fotografi a lei affini, come Eugene Atget e Lee Friedlander, facendo luce sullo stile, la bellezza. La street photographer di Chicago, a lungo considerata la tata con la passione per la fotografia, il cui talento è stato spesso relegato ai ranghi dell’amatoriale, dimostra con la scelta del colore di essere una vera pioniera del genere. Queste fotografie sono “gemme memorabili”, come le chiama Meyerowitz, parlano di un’America vivace e piena di dettagli colorati che spiccano e rompono la scialba routine.
Vivian Maier. A colori ci mostra una fotografa dallo sguardo acuto e sempre controcorrente, con il suo modo e la sua cifra stilistica. L’ironia, il calore umano, il paesaggio urbano, i ritratti, i bambini: Maier ha il dono di essere l’obiettivo invisibile per le strade di Chicago e New York, componendo un racconto che ha il carattere di una rivelazione.
Vivian Maier nacque a New York nel 1926 e trascorse parte della sua infanzia e adolescenza in Francia. Al ritorno negli Stati Uniti lavorò per quarant’anni come bambinaia, coltivando sempre la passione per la fotografia. Nell’arco della sua vita ha realizzato oltre centomila fotografie ma il suo lavoro è rimasto sconosciuto fino a quando, negli anni Duemila, lo storico John Maloof lo ha scoperto in un’asta a Chicago. Le sue immagini sono esposte in gallerie e musei e sono state pubblicate da riviste e giornali di tutto il mondo.