Fino al 1 settembre a Palazzo Reale a Milano è esposta la mostra Philippe Halsman. Lampo di genio, dedicata a uno tra i più originali ed enigmatici ritrattisti del Novecento, promossa da Comune di Milano - Cultura, prodotta da Palazzo Reale, Civita Mostre e Musei e Contrasto con il sostegno di BNL BNP Paribas e Leica Camera Italia e la media partnership di Urban Vision.
Curata da Alessandra Mauro in collaborazione con l’Archivio Halsman di New York, la mostra presenta 100 immagini di vario formato provenienti dall’archivio che spaziano tra il colore e il bianco e nero, ripercorrendo l'intera carriera di Halsman.
Un’occasione unica per entrare in contatto con le sue creazioni a metà tra documento e invenzione, come nella tradizione dei grandi ritrattisti che interpretano il soggetto facendolo emergere, o nascondere, dietro il suo personaggio anche a costo di inventare una forma particolare, personalissima, di documento fotografico.
Attraverso le immagini del fotografo, ricostruiamo i volti della cultura e dello spettacolo del Novecento. Le opere presenti in mostra sono arricchite da una serie di testi esplicativi che offrono ai visitatori un'importante chiave di lettura; forniscono contesti storici e culturali e approfondimenti che permettono di comprendere meglio il significato e la rilevanza delle opere esposte, rendendo l'esperienza del visitatore più completa e coinvolgente, consentendo un'immersione più profonda nel percorso espositivo.
Oltre che un grande ritrattista, Philippe Halsman è stato anche uno scrittore dalla rara sensibilità, e insieme alle sue foto più famose, troviamo anche gli aneddoti che raccontano i suoi ricordi dei diversi personaggi ritratti.
Chagall/Picasso
“Dopo la guerra, cominciarono ad apparire fotografie di ceramiche molto originali di Picasso. Sapevo che anche Chagall stava realizzando ceramiche nella sua casa di Vence, nel sud della Francia. Con mia moglie andammo a Vence e trascorremmo dieci giorni con lui, fotografandolo mentre realizzava un piatto di ceramica. ... Gli smalti dipinti erano indistinguibili e avevano lo stesso aspetto grigiastro. ‘Il loro vero colore apparirà solo dopo la cottura’, spiegava. ‘Dovete vederli nella vostra immaginazione’. Finalmente il piatto fu pronto per la cottura e ci recammo al miglior forno di Vallauris, di proprietà di Madame Ramié. Anche tutte le ceramiche di Picasso sono state cotte lì e appena arrivati, vidi un uomo basso e segaligno carico di energia: riconobbi Picasso e saltai fuori dall’auto per registrare l’incontro tra due grandi pittori. Quando videro la mia macchina fotografica, si avvicinarono e si abbracciarono affettuosamente. Sapevo che nessuno dei due amava l’altro e che lo facevano solo per il beneficio del mio obiettivo. Non avevo chiesto questo abbraccio e mi domandai quanto spesso la presenza di una macchina fotografica falsifichi il vero comportamento degli uomini. Ho visto poi il piatto di Chagall dopo che era uscito dal forno. Il calore aveva fuso e mescolato le tinte degli smalti; la gloriosa esplosione di colori, aveva dato vita a un’armonia sofisticata.”
Alfred Hitchcock
“L’agente pubblicitario di Hitchcock mi aveva incaricato di recarmi a Hollywood per fotografare tutto ciò che ritenevo interessante nella realizzazione del film Gli uccelli. Vidi Hitchcock rivolgersi alla macchina da presa e dire: ‘Credo che di riprese di voli ne abbiamo già abbastanza. Ora ci serve una ripresa del gabbiano che vola via dalla macchina da presa, poi si gira e torna ad attaccare’. Poi si rivolse a me: ‘Un uccello che attacca improvvisamente una persona non è di per sé spaventoso. Può trattarsi di un singolo incidente o di un uccello pazzo. Ma quando l’uccello, dopo aver attaccato una persona, vola via e poi si gira per attaccare di nuovo – questo è spaventoso. Non si tratta più di un incidente, ma di una sorta di dichiarazione di guerra. Per la prima volta gli spettatori sentiranno un brivido freddo lungo la schiena’. ‘Vedi, Philippe’, continuò, ‘il pubblico crede che siano gli attori a creare suspense ed emozioni in un film. Non si accorge che nella sequenza delle immagini, io gioco con i nervi del pubblico come un musicista suona l’organo. Ricordi Psycho? Non ho mai mostrato l’omicidio vero e proprio, ma solo i dettagli, come il sangue che cola, la mano che improvvisamente si affloscia e così via. Per quarantacinque secondi di film ho mostrato una sequenza di settanta riprese diverse. Ci ho messo sette giorni per filmare i quarantacinque secondi. Ma è stato molto più forte che se avessi mostrato l’omicidio vero e proprio. L’arte della regia cinematografica è l’arte di manipolare le emozioni del pubblico’. Mi salutò ed entrò nel suo ufficio.”