Ingranditore: Magnum Magnum

Pubblicato il : 19/01/2024 16:33:46

Continua su Tank la presentazione dei testi selezionati dalla nuova versione rivista e aggiornata di Magnum Magnum, volume che celebra la visione, l’immaginazione e il talento della leggendaria agezia cooperativa Magnum Photos. Ogni fotografo Magnum ha selezionato le sei migliori e più significative immagini di un altro “compagno di agenzia”, commentando la sua scelta con un breve testo. Per questo numero abbiamo scelto il testo di Guy Le Querrec su Sergio Larrain e quello di Gregory Halpern su Jérôme Sessini.

Non ho mai incontrato Sergio Larrain e forse non lo incontrerò mai. Ritiratosi dal mondo, vive come un eremita nella campagna cilena dove medita nella serenità della sua visione delle cose. Ho seguito un po’ della sua corrispondenza con Agnès Sire quando lei lavorava al libro Valparaiso, nel 1990. Per lungo tempo, ho pensato a Sergio Larrain come a una nuvola immutabile che si staglia alta nel cielo del mondo della fotografia, estesa fino all’orizzonte e affacciata sull’infinito da una sorta di luogo di sogno. Ho scelto le sei foto da inserire in questo libro non senza esitazioni e difficoltà, e dopo averne vagliate molte altre. Restando sempre in disparte, nascosto, Larrain ci mostra la realtà attraverso porte insolite, segrete. Celebra l’incerto, rivela segreti e ritmi che spesso sono sincopati. Non rispetta regole formali, né obbedisce a idee preconcette. Libero dalle convenzioni, non va in cerca di un risultato prestabilito; il suo occhio, sempre vigile, è libero di vagare, di improvvisare in base a ciò da cui si sente attratto. L’inquadratura è incerta. Oscilla, si alza, si scontra, ondeggia, minaccia di capovolgersi di fronte al fluire irrefrenabile della vita. Per Larrain una foto non è il risultato di una precisa strategia. Non gli importa fermarsi e bloccare la macchina prima di scattare. Senza costrizioni, in un moto continuo, fonde il suo movimento con quello delle cose che incontra. La scena prende forma, ma non è mai prestabilita. È come se le foto si scattassero da sole. Le immagini che ne risultano non sono mai rassicuranti. Scattate in un attimo, come appena in tempo, in equilibrio precario, producono la strana sensazione che i soggetti fotografati possano ruzzolare da un momento all’altro fuori dall’inquadratura e scomparire per sempre.

Guy Le Querrec


Alcuni sostengono che l’impulso dei fotografi a “immortalare” la vita sia guidato dalla paura, o dalla preoccupazione, per la morte. Mi interrogo. A volte penso che sia proprio il potere della morte, o la resistenza ad essa, la chiave di lettura del lavoro di molti fotografi, compreso il mio. Ma per me queste sono solo idee e parole. Il rapporto di Jérôme Sessini con la morte è diverso. Ci si avvicina, la tocca e la sfida. Quando guardo le sue immagini, spesso sento una sconvolgente prossimità fisica con la morte. Vedo il mondo spaccarsi in due. Ai suoi piedi. Percepisco la follia della guerra e lo spettro della mia stessa morte. Avverto il desiderio di un uomo che, quale che sia il motivo, sentiva il bisogno di trovarsi lì vicino. Quando distolgo lo sguardo, spesso sento il desiderio di dimenticare ciò che ho appena visto, pur sapendo che non posso farlo. Mi sento scosso, e capisco che Jérôme ha raggiunto il suo obiettivo.

Gregory Halpern

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