Ingranditore: Il valore della testimonianza di Andy Rocchelli
Pubblicato il : 31/05/2024 12:49:08
Il 24 maggio 2024 è stato il decimo anniversario della morte di Andy Rocchelli, il fotoreporter italiano rimasto ucciso in Ucraina, vicino alla città di Sloviansk, mentre documentava le condizioni dei civili intrappolati nel conflitto del Donbass.
In collaborazione con la famiglia Rocchelli, abbiamo pubblicato Il valore della testimonianza, che ripercorre la sua storia fotografica, attraverso una selezione dei suoi scatti più significativi. Immagini con cui Andy ha documentato la Primavera Araba in Libia ed in Tunisia, le violazioni dei diritti umani in Kirghizistan e Inguscezia, le condizioni dei migranti nel sud d’Italia e il loro sfruttamento da parte della criminalità organizzata.
Mario Calabresi, nel suo testo introduttivo al volume, coglie l'essenza del lavoro di Andy Rocchelli e ci guida in un viaggio intenso e profondo attraverso le immagini catturate dall'obiettivo sensibile e attento di un testimone speciale, sottolineandone la capacità di raccontare con empatia e precisione.
Ci sono foto che nella vita non si dimenticano mai, che ci accompagnano, che formano il nostro immaginario e segnano la nostra memoria. Di quella che trovate sulla copertina di questo libro ricordo i volti dei bambini pigiati in una dispensa sotterranea, tra barattoli di conserve, marmellate e cetrioli sottaceto, rifugiati in questa specie di cantina per proteggersi dai bombardamenti. Alcuni sono orfani, tutti sono stati raccolti e ospitati da una famiglia che prova a salvarli. Cinque di loro ci guardano, una bimba piccola con un cappello di jeans ha un’espressione che sembra mescolare stupore e paura, gli altri fissano con fiducia il fotografo. Sono nascosti sotto il fronte, sopra quella casa, in quel momento, sta passando il confine estremo di un’idea di Europa. Da un lato ci sono gli ucraini che vogliono diventare europei, dall’altra quelli che guardano a Mosca, in mezzo, intrappolati, gli innocenti che hanno la colpa di abitare nel posto sbagliato.
Questa immagine è come un manifesto, è la sintesi esatta del lavoro e del modo di stare al mondo di Andy Rocchelli, un fotografo con un talento immenso e un’idea chiara e precisa di cosa sia il fotogiornalismo: dovere di testimoniare e di raccontare le persone, scegliendo un punto di vista laterale, facendosi carico di chi è più debole, di chi non ha voce, di chi sta ai margini.
La storia della sua vita, della sua morte, della ricerca della verità e della giustizia sono state raccontate troppo poco e, a dieci anni dalla sua scomparsa, il lavoro di Andy Rocchelli merita di essere guardato nella sua completezza, nelle sue sfumature e nella sua complessità.
Questo libro, finalmente, ci permette di viaggiare con gli occhi di Andy e di seguire il filo della sua curiosità instancabile.
Quando comincia a fotografare, ai tempi del liceo, è subito chiaro a tutti in famiglia che quello è il suo modo di entrare in relazione con il mondo. Studia al Politecnico di Milano, si laurea in Design della comunicazione e la sua tesi è il programma di cosa significhi essere un fotografo professionista, ha 23 anni ma ha già le idee chiarissime su cosa fare e cosa non fare. Per lui le persone sono al centro, la loro dignità. Mai simboli ma sempre esseri umani.
Dopo la laurea va a fare un tirocinio all’agenzia Grazia Neri e poi trova un maestro e un gruppo di amici con cui prova a fare qualcosa di completamente diverso: fondano un collettivo che si chiama Cesura, già il nome spiega la rottura con logiche in cui non si riconoscono.
Il maestro si chiama Alex Majoli, è il secondo fotografo italiano dopo Ferdinando Scianna a diventare membro effettivo dell’agenzia Magnum Photos, di cui a soli quarant’anni nel 2011 verrà eletto presidente. Majoli, nel momento del massimo successo, pensa che si debba restituire e accoglie nel suo studio a Pianello Val Tidone, un paese sui colli piacentini, questo gruppo di ragazzi a cui trasmettere il mestiere.
Andy viaggia, la sponda sud del Mediterraneo e l’Europa dell’Est. Quando è in missione, ogni sera, invia le foto scattate ai colleghi di Cesura: sente il bisogno di discutere e confrontarsi sul lavoro che sta svolgendo. Accanto alla macchina fotografica ha sempre con s. una videocamera e un registratore: in pochi anni accumula un archivio ricco di testimonianze. Non gli basta l’immagine, vuole anche le voci, e raccoglie biglietti, oggetti, giornali, ogni tipo di documento. Sono le evidenze dei fatti, le tessere di quel puzzle che può permettere di comprendere i grandi fenomeni partendo dai dettagli.
In Italia Andy analizza il fenomeno del velinismo, i concorsi di bellezza di provincia in cui si coltiva la speranza dello studio televisivo; documenta l’ascesa della Lega Nord, attraverso i volti del popolo che si assiepa ai raduni; vive nelle tende dei terremotati all’Aquila e mostra la fragilità delle nostre esistenze attraverso i pochi oggetti che ognuno porta in salvo con sè; racconta la baraccopoli di San Ferdinando, tra i migranti sfruttati nei campi.
Andy cerca soprattutto storie che non sono intercettate dai radar della cronaca. In Kirghizistan immortala le violazioni dei diritti umani durante i combattimenti tra kirghisi e uzbeki, che causano oltre 2.000 morti e 400.000 sfollati. In Inguscezia racconta come la lotta al terrorismo islamico si sia trasformata in repressione dell’opposizione politica.
Tra il 2007 e il 2009, l’Inguscezia è il luogo più violento del Caucaso; le spedizioni delle milizie filogovernative fanno più morti del conflitto nella vicina Cecenia.
Quando scoppia la Primavera araba, invece, Andy parte per la Libia e per la Tunisia. È ad Algeri il 12 febbraio 2011, quando la popolazione scende in piazza esasperata dal carovita e dalla mancanza di democrazia. Poi ci sono i reportage dall’Afghanistan, dall’India, dalla Russia. Ma l’inferno peggiore, forse, è Haiti. Andy ci arriva dopo il terremoto del 2010, in piena epidemia di colera. Sull’isola caraibica trova un sacerdote che si è messo in testa di dare sepoltura a tutti i cadaveri ammassati nelle fosse comuni. Il prete fa costruire bare di cartone, celebra brevi riti funebri e fa seppellire quei corpi perché venga loro restituita la dignità. Andy, ancora una volta, si mette dalla parte delle vittime, dei civili inermi e spesso inconsapevoli. Non si accoda ai “carrozzoni di fotografi e giornalisti”, come li chiamano i colleghi di Cesura. Si muove in modo autonomo. Durante la guerra in Libia non va in prima linea con gli altri reporter ma decide di seguire il viaggio di un gruppo di giovani studenti partiti da Bengasi e diretti verso il fronte. È il suo modo di osservare la stessa storia da un punto di vista alternativo, diverso, più vero.
È quello che Andy fa fino alla fine, fedele al suo metodo di lavoro. Siamo nel 2014, in Ucraina, sul fronte del Donbass, sulla linea di frattura dell’Europa, e qui segue due storie: quella di due ragazzi amici d’infanzia divisi dalla guerra e diventati nemici pronti ad uccidersi e quella dei bambini rifugiati nei bunker, terrorizzati dai bombardamenti notturni, dalla perdita dei genitori, dallo stravolgimento delle loro vite. Scatta e registra. Mette insieme tutti i pezzi che mostrano la follia della guerra e il prezzo che ne pagano i civili. Intervista con pazienza tutti quelli che entrano nelle sue foto. Sarà il suo ultimo lavoro e fatale gli sarà proprio la scelta di stare su quella linea del fronte, colpevole per i miliziani ucraini che lo colpiscono di non essere stato da una parte, ma di aver messo i suoi occhi e il suo obiettivo al servizio di chi in mezzo si era trovato, di chi pagava il prezzo più alto.
La madre di Andy, Elisa Signori, mi ha spiegato meglio di chiunque altro perché quella foto della cantina mi è rimasta negli occhi: “Perché è la più rappresentativa del modo in cui Andrea si poneva nei confronti di chi voleva fotografare, e perché quello scatto presuppone un rapporto di
confidenza e di fiducia. Osservando lo sguardo di questi bambini, nascosti in mezzo alle marmellate e ai sottaceti, si vede che passa qualcosa tra la macchina fotografica e quegli occhi, credo sia solidarietà e condivisione”.
Mario Calabresi
Bambini rifugiati in un bunker nel Donbass, Ucraina, 2014 © Andy Rocchelli/Cesura
Nadia e Olga sul loro letto dopo una notte di bombardamenti, Slovjansk, Ucraina, 2014 © Andy Rocchelli/Cesura
Afghanistan, 2012 © Andy Rocchelli/Cesura
Campo di profughi osseti, Nazran, Inguscezia, 2009 © Andy Rocchelli/Cesura
Rakshida con il nipote Timur. Suo figlio, padre del bambino, è stato torturato e ucciso in casa da forze speciali mascherate,
Sleptzosk, Inguscezia, 2009 © Andy Rocchelli/Cesura
Festa di san Martino, Rizziconi, Reggio Calabria, 2011 © Andy Rocchelli/Cesura