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L'immagine fantasma

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Per la prima volta in Italia l’opera di un grande scrittore e fotografo a trenta anni dalla sua morte e a quaranta anni dalla prima uscita.

La malinconia, dunque, garantisce all’immagine mentale, all’immagine

che non si è potuto materialmente realizzare, una persistenza

del fantasma nello spazio psichico che trova necessariamente

nella scrittura il suo veicolo ideale.

Emanuele Trevi

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Hervé Guibert
9788869658570

14 x 19 cm
200 pagine
cartonato
traduzione di Matteo Martelli

Il primo volume della collana Lampi è un classico della letteratura francese e, insieme, della riflessione intorno alla fotografia, tradotto per la prima volta in italiano: L’immagine fantasma di Hervé Guibert con un’introduzione di Emanuele Trevi. 
"Ciò che mi ha spinto a scrivere è stato il rimpianto per le foto sbagliate, le foto che non sono riuscito a scattare, che non ho potuto fare, che si sono rivelate invisibili, come fantasmi. Ho pensato di scrivere per ritrovare la stessa sensazione che volevo dare a quelle foto". In un'intervista del 1981, Hervé Guibert- scrittore, giornalista, fotografo, critico per il quotidiano Le Monde - parlava così del suo libro, L'immagine fantasma, pubblicato ora per la prima volta in italiano. Volutamente privo di fotografie, L'immagine fantasma racconta il rapporto di Guibert con il fotografico: le sue prime fotografie erotiche, un reportage sulla madre la cui immagine non verrà mai rivelata, il lento disfacimento di una foto destinata a consumarsi e a morire, e poi immagini fantastiche o intime al punto da diventare invisibili.
 
In occasione del trentennale dalla morte dell’autore e dei quarant’anni dalla prima edizione di questo libro, L’immagine fantasma offre dunque un’occasione per conoscere le riflessioni di Guibert, ancora oggi estremamente attuali e penetranti, sul rapporto tra fotografia, scrittura e vita personale. Il volume è accompagnato da un testo dello scrittore Emanuele Trevi che introduce l’opera e l’autore al pubblico italiano.
 
Il libro non è un testo teorico ma una raccolta di storie che esplorano, attraverso le avventure personali, i diversi tipi di fotografia: familiare, di viaggio, le fototessere, le Polaroid, la fotografia pornografica o giudiziaria. Una scrittura coinvolgente, intima e profonda, nata in una stagione di nuova attenzione verso la fotografia e quasi a commento de La camera chiara (1980) di Roland Barthes, di cui sembra una sorta di continuazione letteraria.
 
Hervé Guibert (Saint-Cloud, 14 dicembre 1955 – Clamart, 27 dicembre 1991), giornalista, scrittore e fotografo, fu uno degli amici più stretti di Michel Foucault, Isabelle Adjani e Sophie Calle. Appassionato di fotografia, ne fu critico per il giornale Le Monde per otto anni. Il suo rapporto con la scrittura si nutriva essenzialmente di spunti autobiografici e tendeva all’autofiction. Nel 1990 Guibert rivelò la sua sieropositività nel romanzo À l’ami qui ne m’a pas sauvé la vie (All’amico che non mi ha salvato la vita) – che lo consacrerà, tra l’altro, al grande pubblico. Il romanzo è il primo di una trilogia composta da Protocole compassionnel (Le regole della pietà) e da l’Homme au chapeau rouge (Uomo dal cappello rosso). In queste ultime opere descrisse quotidianamente la progressione della sua malattia. Morì di AIDS nel 1991 dopo un accanito lavoro artistico su questa malattia che lo lasciò senza forze, come testimoniano le fotografie del suo corpo e il film realizzato con la produttrice Pascale Breugnot qualche settimana prima di morire, chiamato La pudeur ou l’impudeur (Il pudore o l’impudore). È sepolto a Rio nell’Elba, un paese dell’Isola d’Elba in Italia.